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Gianna Schelotto "per il tuo bene" (Mondadori )
"L'ho fatto per il tuo bene", "l'ho fatto per il suo bene": frasi che abbiamo sentito infinite volte e dietro le quali si nascondono sempre bugie, inganni, prepotenze di chi convinto che, soltanto cos“, potrˆ fare il bene dell'altra persona, giudicata, anche se soltanto momentaneamente, pi debole e bisognosa di protezione.
Sono i "piccoli crimini in nome dell'affetto " che Gianna Schelotto descrive nel libro "Per il tuo bene" edito da Mondadori.

Piccoli crimini che creano attorno all'altro una rete appiccicosa dalla quale difficile difendersi soprattutto perchŽ stesa dalle persone che abbiamo pi vicine: figli, genitori, coniugi, amici. Dalla gabbia in cui veniamo rinchiusi, percepiamo stranezze, comportamenti anomali, ai quali spesso tentiamo di dare un significato, spesso dando a noi stessi colpe che non abbiamo, nel disperato tentativo di riportare la nostra vita sui binari della normalitˆ e della comprensibilitˆ. E' cos“ che Alfredo, nella prima storia raccontata da Schelotto, adottato a tre anni e a cui i genitori, "per il suo bene", hanno nascosto la realtˆ, sente intorno a sŽ un'atmosfera strana, la percepisce come odio, cerca nei propri comportamenti la causa di tutto: "che i genitori non lo amassero Alfredo lo sapeva fin da piccolo, ma per molto tempo si era affaticato a inventare spiegazioni razionali di quella mancanza di amore, dando a se stesso la colpa". Andrea, il protagonista della seconda parte del libro, nasce in una famiglia unita, ricca, formata da persone belle e sicure di sŽ. Lui, invece, non bello, timido, ma anche l'unico che vuole emanciparsi e crescere fuori dall'ombra famigliare. Cerca di realizzare i suoi sogni autonomamente ma, "per il suo bene", il padre lo pone violentemente di fronte ad una realtˆ che lui vorrebbe ignorare cercando di riportarlo a casa. "Andrea continua a dibattere dentro di sŽ sulle ragioni e sui torti, e di solito arrivava alla conclusione di essere lui il colpevole; aveva nutrito un'ambizione troppo grande: quella di essere felice". Alla fine, forse, riuscirˆ ad esserlo, ma quanta fatica per evadere dalla gabbia! Fabio che troviamo nella terza e ultima parte del libro, un uomo di sessant'anni, affermato e affascinante avvocato che nell'ultimo anno ha avuto alcuni episodi di amnesia e di confusione. La moglie, con l'aiuto di figli, colleghi e amici, comincia a costruire la rete che dovrˆ servire per rallentare i suoi movimenti e le sue attivitˆ, perchŽ non corra rischi, per tentare di evitargli errori e brutte figure. "Una rete di sicurezza in studio e una in casa" che non potrˆ che accelerare il decorso della malattia che lo ha colpito. Ma lo fa "per il suo bene". Chi si sente dalla parte giusta, dalla parte sana, difficilmente sfiorato dall'idea di sbagliare o che i suoi atteggiamenti possano essere dannosi e provocare equivoci, dolori, disperazioni. Non si rende conto che "le ingerenze, la pretesa di sapere ci˜ che serve all'altro, le manipolazioni, gli eccessi protettivi, sono, molto spesso, la comoda copertura di angosce personali" e che "occupandosi di curare e cambiare l'altro, si scavalcano e si dimenticano i propri disagi". Dietro la frase "lo faccio per il tuo bene" si nascondono paure, egoismo e presunzione. L'autrice ci ricorda, concludendo il libro, che soltanto "all'interno delle relazioni 'sane' i cambiamenti e la crescita avvengono non perchŽ il pi forte sia riuscito a convincere il pi debole, ma solo perchŽ ci si modificati prendendo dall'altro, e donando di sŽ, spontaneamente, esperienze, emozioni, sogni".

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