cultura solidarietà

Essere professionisti DONNE Riflessioni sulle pari opportunità

 

Stimoli   per la  Riflessione    di Barbara Chiavarino

LA PARITA’, VISTA DALLE SPONDE DEL FIUME

Viste dalla sponda del fiume, viste camminando all’ombra degli alberi, case e persone: dalle Vallere a piazza della Gran Madre di passi ce ne sono, di scorci anche. E alle 18,30 di sera uomini e donne, un poco di tute le età, a passeggio, a correre, in bicicletta, donne con i bimbi nel cestello, giovani uomini con i pargoli nel cestello. Ho trascorso un pomeriggio a parlare di donne, di trascorsi, di conquiste legislative, di valori e di cultura … di parità, la parità che non c’è.
Dalla sponde del fiume anche la parità assume riflessi complessi.
Parlare di parità è difficoltoso persino fra donne. Guarda queste ragazze che sfrecciano in bici, spesso non possono ammettere a se stesse di poter essere “discriminate”: non lo possono ammettere perché hanno studiato quanto e più dei loro coetanei, non lo possono ammettere perché, così facendo, si riconoscerebbero nella cultura di quelle loro madri da cui si sentono distanti anni luce.
Eppure tutto, intorno, parla di discriminazione: una discriminazione sottile, taciuta, insabbiata sotto una legislazione che sancisce, in ogni azione, la parità, a parole, non nei fatti. I fatti riguardano la quotidianità, il nostro vissuto, il nostro percepito e proprio per questo sono così difficili da cambiare. Passeggio lungo il fiume e mi chiedo cosa, allora, possiamo fare davvero con i nostri due progetti sulla parità, soprattutto mi chiedo cosa si possa fare per acquisire strumenti utili … Facciamo finta che ci sia, la parità, poi sottilmente mi viene da arrabbiarmi anche quando penso alla maternità: per 5 mesi 80% dello stipendio … quante volte ho pensato a tutte quelle donne che ricoprono un ruolo di responsabilità (e sono tante, specie non riconosciute) e il lavoro anche in quei mesi non lo mollano affatto, non dovrebbero vedersi decurtato lo stipendio, dovrebbero poter scegliere, dovrebbe esserci una sorta di forbice … La parità che non c’è, come non c’è un direttore di Camera di Commercio donna, come la maggior parte dei direttori di qualsiasi cosa vogliate pensare non è una donna. La parità che non esiste in politica, la parità che c’è quando una donna fa l’infermiera (e quanta forza fisica ci vuole a sollevare malati, pulirli, e così via), ma non per altri lavori “maschili perché pesanti” … lavori pesanti … lavori “pensanti”, sempre meglio retribuiti…
Le donne usano le tecnologie ma non le creano: perché? Eppure le tecnologie possono essere uno straordinario strumento in mano alle donne, flessibile, che ti permette di lavorare anche a distanza. Ma come si fa a lavorare a distanza in questo bel paese dove il “face-work” conta così tanto, dove i dirigenti hanno l’abitudine di trattenersi in ufficio fino alle 20 di sera … a fare? Niente, molto spesso, con perdite di tempo mostruose durante l’intero arco della giornata… ma la presenza … ed è vero, fondamentale, la presenza conta moltissimo, ma non è tutto, ed oggi varrebbe la pena saper inventare anche un modo diverso di essere presenti, perché se restiamo fermi allora mi si dovrebbe spiegare a cosa serve la tanto famosa riforma imminente, a cosa servono il part-time e il job sharing, il lavoro per progetti ? a creare, aumentare, allargare quella disoccupazione, quella sottooccupazione e quella discriminazione che sono evidenti. Basti leggere i dati presentati dalla CCIAA di Torino sul Piemonte.

Dal fiume si riescono a vedere anche quelle case, quelle ville un poco nascoste, quelle che dal corso, sotto, non vedi. Dov’è la chiave per una trasformazione reale? Nasce forse, prima di tutto, dalla riappropriazione di se stesse, dalla convinzione del proprio intrinseco valore COME PERSONE. Da una volontà ferrea e determinatissima al cambiamento, dalla coesione. La coesione, sì, la capacità di fare gruppo, quella che le nostre mamme avevano, quella che le 50 enni di oggi avevano, e che noi ci siamo perse. Giovani uomini passano con pargoli al seguito. La maternità resta l’ostacolo più grave, l’handicap maggiore. Eppure, eppure se penso alle nostre nonne, se penso alle donne che hanno lavorato in campagna (senza trattore, senza mietitrebbia…), e che portavano avanti le giornate di terreno, le bestie, quando i mariti erano al fronte e spesso, quando rientravano, le ingravidavano … hanno lavorato sempre, e che fatica di lavoro, e sempre si sono arrangiate. Sempre si sono arrangiate, e penso ad una cara amica, avvocato, una donna impegnatissima, che ha avuto una figlia e che ha un compagno che lavora in un’altra città e rientra nel weekend … e lei, lei che il lavoro non l’ha mollato mai, si arrangia, creando alchimie meravigliose e conducendo avanti tutto. Allora, almeno, diciamolo, affermiamolo con chiarezza e siamone conscie: care signore da sempre noi siamo “manager”, allora non abbiamo timore a dirlo, a dirlo sempre più forte e a crederci. La società è nata matriarcale. Una parola così “strana” che persino questo computer su cui scrivo ha cercato di correggerla “automaticamente” in patriarcale, ed ora, dopo che io l’ho ricorretta, me la segna come errore. Entro nel programma di controllo automatico e gliela aggiungo. Chi ha strutturato questo programma di sicuro è un uomo. Donne, programmate, l’informatica non è affatto un lavoro da uomini, è un lavoro da persone logiche e creative. La cura non è una faccenda da donne, è una faccenda delle persone, i figli sono una faccenda delle persone.
E camminando mi viene in mente uno degli esempi più belli di parità che mi ricordi: a lavare i pavimenti, a casa, ho sempre visto mio padre. Lui il sabato non lavorava, mamma sì. E allora, allora lavava per terra lui, lavava e lucidava il marmo, con una mano che nessuno di noi ha mai avuto. Curare le faccende domestiche, curare i suoi figli l’ha sempre fatto, in un disbrigo dei compiti “naturale”.
Questa parità che non c’è cos’è?
Forse da qui si dovrebbe partire. E l’uguaglianza come sta alla parità? Uguaglianza nella differenza, parità nella differenza dei generi.
I progetti sono partiti: il dibattito, i modelli da costruire sono aperti. Solo, facciamoci, fatevi, sentire: voi colleghe, voi delle istituzioni, voi imprenditrici, voi lavoratrici, voi signori uomini. Sì, cari signori uomini, perché è dalla favola della Bella Addormentata che non ci fate una gran bella figura, anche se di questo poco vi può importare. Siete uno strumento, uno strumento belloccio che viene a dare un bacetto, per risvegliare una donna bella che, da quando è stata stregata (per mano di un’altra donna) ha fatto sì che tutto si fermasse, la natura e la ricchezza… E’ il risveglio di lei che riporta bellezza e vita, cari signori, voi siete uno strumento. Forse è per questo che vi siete così tanto arrabbiati, perché ne siete stati consci, dentro di voi, da secoli, e la cosa vi ha disturbato al punto di esservi inventati di tutto pur di tenerle ferme queste selvagge … Oggi, però, in crisi ci siete proprio anche voi: per questo bene sarebbe che vi faceste sentire, se la parità tale ha da essere.
…Sono quasi arrivata: dalla sponda del fiume si vedono sfumature inusuete… 
( Barbara  Chiavarino)

fatevi, sentire: voi colleghe, voi delle istituzioni, voi imprenditrici, voi lavoratrici, voi signori uomini.

LA FESTA DELLA DONNA

Tutti gli anni si versano fiumi di parole: una festa per ricordare, una festa per manifestare, una festa inutile, una festa quasi oltraggiosa (la donna va forse “festeggiata” un unico giorno, quasi a darle un  contentino…?)

una festa …
Quand’ero bambina attendevo le feste con entusiasmo: la festa era calore, era un’occasione per stare più insieme, per prestarsi maggiore attenzione. La festa era la gioia di un nutrimento del fisico, del cuore, dell’anima. La festa era, prima di tutto, uno stato dell’anima, uno stato gioioso.

Non ho dovuto lottare per un’educazione paritaria: l’ho semplicemente e naturalmente ricevuta. Ho dovuto sì dimostrare sempre di essere brava, più brava e più preparata dei colleghi maschi, ma non ho conosciuto le discriminazioni. So di avere per molto, molto tempo provato un sottile brivido, un senso di sospetto ogni volta in cui lasciavo un poco andare la guardia, ogni volta in cui mi ritrovavo in un comportamento “femminile” …
Femminile … ciclica lunarità piena di energia: quell’energia primordiale che parte dalla pancia, che pulsa, creativa, così naturalmente selvaggia ed oscura. L’energia che brilla negli occhi delle donne del sud del mondo, che vive in tutte coloro che sono cresciute vicino alla terra… quelle donne che gridano al mondo per una libertà che noi abbiamo, benché un’altra, da sole, ci neghiamo.

… fiumi di parole … una festa … Festa: stato di gioia dell’anima. Gioia di un bagno caldo, di un raggio di sole che viene a giocare con l’iride mentre stiamo preparando in cucina un piatto semplice eppure sempre curato, di uscire a provare un vestito, di sorridere di un complimento, dei fiori che arrivano (perché comunque ci fanno piacere anche quando, orgogliose, diciamo “ah, io tanto non ci bado alla festa …”) … gioia di essere donna, di dimostrarlo senza per questo sentirci meno degne, meno forti, meno … maschie

Gioia di essere donne: a tutte le età, godendo dei privilegi di ciascuna stagione della vita … dei privilegi, sì…
Festa del nostro essere donne: un giorno per ricordarcelo, per ritrovarne il senso profondo, per lasciarsi abbracciare dall’oscurità, complice, in cui possiamo essere ancora selvagge, amandoci come solo le Donne sanno fare. Perché domani, domani che tutto sarà finito, le parole, i fiori, i gesti, lo spettacolo … domani la festa sia in noi: stato di gioia dell’anima. In noi, sempre e comunque, senza fiori, senza gesti, senza parole … pienezza della nostra energia: ciclica, lunare, splendida e potente. Nostra, nonostante secoli di cultura contraria, nonostante la paura della società civile … Nostra.

Auguri a tutte le donne e a tutti gli uomini che davvero le amano.

( Barbara  Chiavarino)